Attacchi di panico: un esempio pratico

Attacchi di panico

Un esempio pratico

Testimonianza di una donna.

La prima volta è successo in albergo», racconta una donna, avevo mani fredde, battito cardiaco impazzito, una debolezza infinita. E io che penso: “Oddio, ho un infarto…”. Avevo già sentito parlare di attacchi di panico e confesso di aver pensato che fossero solo un modo inconscio per attirare l’attenzione degli altri. Invece sono un disturbo vero. Io mi sto curando e piano piano spero di uscirne…». «Mani fredde. Naso ghiacciato. Una debolezza infinita. Il cuore a mille… E la paura di morire d’infarto.

È iniziata così, circa nel 2012, la storia dei miei attacchi di panico. Ero sola, in albergo: mi sono stesa sul pavimento, con i piedi in alto. Niente da fare, la crisi non passava. Allora ho chiamato il portiere: “Sto malissimo, mi mandi un dottore”. Mi tremavano le mani, non riuscivo a reggere la cornetta. La crisi si è risolta in modo inaspettato. Il portiere ha ritelefonato: “Vuole un’ambulanza?”. È stato come se mi risvegliassi: no, non stavo per morire. “Mi basta una camomilla”. Quando ho visto il cameriere (un essere umano, sveglio a quell’ora di notte, simbolo della normalità, della vita che scorre tranquilla), mi sono ripresa. Non avevo idea di cosa fosse un attacco di panico: una mia amica, un anno prima, mi aveva parlato di questo problema, ma io non ero riuscita a capire…

Confesso di aver pensato che fosse un suo modo, sia pure inconscio, di attirare l’attenzione. Non potevo proprio immaginare, io così forte e sicura, di cadere in balia di una simile difficoltà. Dopo quella notte ho avuto altri attacchi. In albergo, ma più spesso in macchina. Quando percorro una strada a scorrimento veloce, magari con tanti tunnel, o senza corsia d’emergenza, inizio a pensare a cosa farei se mi arrivassero quei sintomi terribili. È un circolo vizioso, la paura favorisce la crisi…

 

Testimonianza di un uomo.

Mi sono sentito male mentre ero al volante e tante volte ho abbandonato l’autostrada a un’uscita che non era la mia, per trovare sollievo dalla sensazione di essere intrappolato. Ma che stress… E dire che sono sempre stato un buon guidatore, una specie di Schumacher: correvo, e tanto. E invece mi ritrovo ad andare a 60 all’ora come un vecchietto, o a fare viaggi in treno o addirittura in pullman, pur di non mettermi al volante. E non parliamo dell’aereo: io, che volo fin da quando ero piccolo, adesso all’idea di dover fare un viaggio di 10/12 ore vengo colto dall’ansia, dalla paura irragionevole che il cuore inizi a battermi al decollo, e di arrivare morto a destinazione.

Un’esperienza terribile. Ma forse inevitabile: sono convinto che questi problemi siano un segnale della psiche, che ci avverte quando stiamo ignorando una parte di noi che chiede aiuto.